Giuseppe milone (1961 - 2000)

Pubblicato il 9 maggio 2022 • Biografie

Raccontare la vita di un uomo, specie quando ancora la sua storia è viva, incarnata nei ricordi di chi gli è stato vicino, ha condiviso scelte, percorsi, esperienze e sogni, nella memoria di chi lo ha amato, è molto difficile: il rischio in cui si incorre è quello di una santificazione laica, o almeno di un'apologia al limite del panegirico. Ci siamo limitati, in questo racconto (se è possibile ridurre la vita di un uomo a poche pagine) a raccogliere le tante testimonianze che sono piovute generosamente, come una sorta di ringraziamento per un incontro che ha toccato la vita delle persone che hanno conosciuto Giuseppe, nei tanti ambiti in cui ha cercato di vivere la sua giovinezza.

Da questo racconto, forse si troverà la risposta alla naturale domanda di molti concittadini: "Ma che cosa ha fatto questo Giuseppe Milone di straordinario, tanto da poter ambire ad una strada col suo nome?".

 Il 24 giugno di ventuno anni fa, presso l'ospedale "V. Cardarelli" di Napoli, cessava di battere il cuore grande di Giuseppe Milone, dopo essersi donato senza risparmio a chiunque avesse avuto la fortuna di incontrarlo sul proprio cammino.Uno splendido girasole 'impazzito di luce' lo definirà in una preghiere scritta per il suo funerale don Lorenzo Elia; “ Civismo che viene da lontano, sin dai calzoni corti. Argento vivo, di questo sud bifronte come Giano, eri figlio fedele e sempre attivo" scriverà nei versi a lui dedicati il professore Pietro Filomeno, giornalista e intellettuale laico (in Voce Democratica, maggio-giugno 2003).

 Si spegneva l'uomo, ma la luce di quel girasole, ancora oggi, brilla di luce nuova.

Stroncato a poco meno di 40 anni da una rara malformazione genetica, che lo aveva gradualmente e irrimediabilmente privato della mobilità degli arti, Giuseppe visse senza rinunciare mai al suo proverbiale sorriso, che non si negava a nessuno, aprendosi nei suoi occhi vivaci e trasparenti con una tenue dolcezza ancora oggi impressa nella memoria di tutti.

Piccolo di statura, grande nell'animo, seppe portare 'l'abito della sofferenza' con una dignità non comune; indole mite ma tenace, instancabile e generosa fucina di idee, Giuseppe Milone fu uno straordinario testimone e interprete di quella complessa stagione storica segnata dagli echi della Guerra Fredda e dalle sue conseguenze sugli assetti della società italiana sul piano storico, sociale, politico e culturale.

In una città come Francavilla Fontana, in quegli anni ancora piuttosto retriva e conservatrice, Giuseppe visse il fermento culturale che agitava gli anni della sua giovinezza, trovando negli ideali del cattolicesimo democratico dell’Agesci e nei temi caldi dell'ambientalismo e dell’ecopacifismo di Arci e Legambiente il terreno sul quale vivere e inverare i suoi propositi e le sue aspirazioni.

Fu così un ragazzo sempre incline al dialogo, all'ascolto, all'accoglienza dell'altro, capace di coniugare spirito cristiano e battaglie di civiltà laica, attingendo a quel pozzo vivo di umiltà e bontà che era tutto il suo cuore. Nato l’8 dicembre 1961 in una famiglia di modesta estrazione sociale da papà Damiano e da mamma Raffaela d'Amuri, Giuseppe fu il primo dei fratelli, Mimmo e Irene, di cui sarà sempre guida premurosa e amorevole.

La famiglia sembra restare sullo sfondo nelle vicende esteriori della sua vita, ma sarà proprio il suo nido familiare a offrirgli il necessario riparo e la consolazione più profonda nei momenti di fragilità, nelle circostanze cupe e dolorose della malattia, quando l'anima sperimenta la più triste delle solitudini.

Mamma Raffaela sarà la sua mamma roccia, perché, con l'amore incondizionato di cui solo una madre è capace, ella lo tenne abbracciato a sé fino all'ultimo, portando il peso grave della sofferenza con una granitica forza d'animo ... come una roccia! E proprio su questa roccia buona spunterà e cercherà la luce prima un germoglio, poi un bel fiore di girasole, radioso e forte fino all'ultimo dei suoi giorni.

Trascorse l'infanzia e la fanciullezza nella casa di via S. Lorenzo, quando questa era ancora la periferia orientale della città e poco oltre era già aperta campagna; qui rivelerà fin da subito I a sua inclinazione per l'esplorazione e l'amore per la natura: alla testa dei bambini del vicinato partiva alla volta dei campi vicini, si arrampicava sugli alberi, si immergeva nella natura con l'entusiasmo e la curiosità che sempre avrebbero ispirato la sua vita futura.

Quel suo amore per la natura e la socialità non passarono inosservate allo sguardo di papà Damiano che, negli anni della scuola media, lo introdusse nel gruppo Scout 'Francavilla 1'con sede associativa presso la Chiesa dei Padri di S. Alfonso; l'impegno nell' Agesci segnerà per sempre la sua formazione umana e culturale, dalla prima promessa fino agli anni delle responsabilità del capo scout che guiderà decine di ragazzi in cammino lungo i sentieri del locale Bosco Bottari e dell'oasi di Betania, fino alle notti in tenda alla luce dei falò sui monti di Lucania e Calabria.

Il giorno del suo funerale giunsero in centinaia, da ogni angolo della Puglia, giovani scout in divisa per salutare quel ragazzo che aveva incarnato con impegno e dedizione i valori dell'Agesci e, divenuto adulto, non aveva smesso mai di essere uno scout, anche quando l'infermità gli aveva tolto la forza nelle gambe.

Giuseppe, infatti, resterà un eterno ragazzo scout in ogni ambito della sua vita e del suo impegno civile, sempre alla ricerca di qualcosa da costruire, di un ponte per unire, di un sentiero da aprire.

Lungo tutta una vita.

Frequentò gli studi superiori presso l'Istituto Commerciale "G. Calò" di Francavilla e a 18 anni, nel corso della visita di leva (erano ancora gli anni del servizio militare obbligatorio), manifestò convintamente e coerentemente la sua scelta in favore dell'obiezione di coscienza; sarà tra i primi in Puglia, forse il primo. Non già una posizione contro, un atto di ribellione allo Stato e alle leggi vigenti, bensì una scelta radicale per, la volontà di mettersi al servizio della comunità e dell'altro in modo alternativo, secondo quello spirito di alterità e volontariato che aveva respirato nell'esperienza scoutistica e che ben presto avrebbe approfondito e consolidato nella frequentazione degli ambienti culturali di Arei e Legambiente.

 Anche quella dell'obiettore di coscienza era una posizione scomoda e osteggiata in una cittadina del Sud non ancora pronta a leggere e comprendere le istanze nuove che attraversavano la società; anche in famiglia non fu facile accogliere un figlio diverso da principi e comportamenti di una società ancora rigidamente ancorata al retaggio del passato. Cosicché Giuseppe aprì un dibattito vivace con i familiari; la tavola a casa Milone era l'occasione per discutere di politica, di modelli educativi, di musica, di cronaca, di amore per la propria città. Animatore in famiglia.

Vennero così gli anni del movimentismo e della militanza attiva nel circolo Arci di Francavilla, sotto la guida illuminata e colta del prof. Gerardo Trisolino. "Sulla scia delle idee di Aldo Capitini, Giovanni Franzoni e Mario Capanna, infaticabile "diffusore" di idee pacifiste ed ecologiste, in una realtà politicamente e culturalmente arretrata su questi temi, Giuseppe fornì un contributo considerevole nelle battaglie dei movimenti in difesa dell'ambiente, come quella per scongiurare l'installazione, nel comune di Avetrana, di una centrale nucleare che avrebbe profondamente messo a rischio l'integrità del territorio e la vita delle sue popolazioni" (dalla testimonianza di Marcello Cafueri).

Si iscrive alla Facoltà di Scienze Politiche a Bari, ma le difficoltà economiche della famiglia lo spingono a interrompere gli studi.

È l'autunno del 1980 e Giuseppe è sempre in prima linea sul fronte dell'impegno civile e della solidarietà: insieme a un convoglio di tecnici e volontari di Francavilla Fontana parte alla volta di Caposele (Avellino), per prestare soccorso agli sfollati e ai sopravvissuti dei centri abitati dell'Irpinia ridotti in macerie dal terribile terremoto del 23 novembre 1980 (dalla testimonianza di Emanuele Modugno).

Vi rimarrà fino al gennaio 1981, partecipando attivamente alle prime fasi della ricostruzione.

 

Vent'anni dopo l'immane tragedia, il sindaco di Caposele sarà a Francavilla, per portare alla gente francavillese la gratitudine della piccola comunità irpina: ai genitori di Giuseppe Milone, che nel frattempo era deceduto, sarà consegnata una targa in memoria; Caposele decise di mettere a dimora un albero per ogni volontario francavillese, uno di questi ancora oggi porta il nome di Giuseppe.

Nel 1981, da responsabile del circolo cittadino di Legambiente, promosse la partecipazione delle anime pacifiste di Francavilla alla marcia di Comiso in Sicilia contro l'installazione di una base americana di missili cruise " ... perché Comiso non vuol diventare l'Hiroshima di domani": un serpentone festante e colorato di 25-30 mila persone che sotto un sole cocente in questo estremo angolo orientale dell'isola grida il proprio messaggio di pace. "Ci fermammo in un campo e con Giuseppe avevamo raccolto delle carote dai bordi della campagna. Si avvicinò un contadino, avemmo paura e vergogna. Ma questi tirò fuori da bere e dell'altra frutta, e offrì a tutti. La paura diventò gioia e festa. Tutti insieme manifestanti e contadini" {dalla testimonianza di Cosimo Milone).

Sulla soglia dei vent'anni giunge il tempo delle scelte per il futuro e matura la decisione di iscriversi alla Scuola per Infermieri professionali.

Affronta il nuovo percorso di studi con impegno e rivela tutte le sue qualità; sempre fedele ai suoi principi di integrità morale non accetta le ingiustizie, ne fa amara esperienza ed è tentato di abbandonare tutto, quando amici e colleghi lo persuadono a riprendere il cammino.

Giuseppe portò così a termine gli studi, conseguendo l'abilitazione all'esercizio della professione di infermiere.

Il volontariato e l'impegno sociale saranno, però, il vero nutrimento del suo animo e della sua mente in ogni momento di vita.

Animatore e formatore per vocazione, pur tra distanze e impegni di studio, riuscì sempre a far sentire la propria presenza e il timbro inconfondibile della sua voce nel gruppo Agesci di Francavilla: nato e cresciuto nel chiostro dei Padri Liguorini, Giuseppe sarà l'anima del gruppo scout Francavilla 2, cui darà vita, insieme alla preziosa collaborazione di Carlo Altavilla, Pasquale Camarda, Ritanna Forleo e Antonio Bonomo, presso l'oratorio della Parrocchia del Carmine. Sotto la guida spirituale di quel sacerdote immenso che fu don Pietro Chirico, il gruppo Francavilla 2 sarà sempre la sua vecchia officina, dove avrebbe formato e sempre ritrovato - in ogni momento e necessità- i suoi ragazzi, divenuti poi uomini e donne infaticabili e preziosi compagni di strada come Lola Sternativo, Imma Birtolo, Tina Argentina e Annamaria Bellanova.

Anche papà Damiano, come mamma Roccia, non gli fece mai mancare la dolcezza di padre, pur con i pochi mezzi a disposizione ma nell'infinità ricchezza del cuore.

Egli, così, decise un giorno di fargli dono della sua vecchia macchina fotografica, che da quel momento accompagnerà Giuseppe lungo le strade della sua vita, documentando volti, momenti, paesaggi e storie della sua presenza inconfondibile nella società.

Sempre solerte, attivo, animato da un'inestinguibile sete di conoscenza, ma, soprattutto, un instancabile camminatore.

Nella lavanderia della piccola casa di vico F. Panzuti, dove nel frattempo la famiglia si era trasferita, allestisce una camera oscura e qui stamperà molte immagini che raccontano la sua città.

Erano i primi anni Ottanta, quando, con un drappello di cultori della fotografia, quali Sandro Rodia, Giuseppe (Peppo) Lombardi e Antimo Altavilla, allestisce - nell'ambito della festa locale de l'Unità - una mostra sui beni culturali e artistici di Francavilla, denunciando lo stato di degrado e precaria conservazione nel quale molti versavano; la mostra riscosse un successo tale che la Federazione provinciale brindisina del PCI ne richiese una analoga per il centro capoluogo.

I quattro percorsero per circa un mese le vie della città di Brindisi e realizzarono una mostra rimasta negli annali delle iniziative culturali del PCI di terra di Brindisi (dalla testimonianza di Giuseppe Lombardi).

Ma la ricerca perpetua di Giuseppe non era solo denuncia, viveva in lui una passione sconfinata per tutto ciò che sapeva di vita, umanità, bellezza: ed eccolo impegnato a istruire i giovanissimi all'arte del fotografare, perché, in fondo, la fotografia è un documento di vita.

E sarà proprio la sua passione per la fotografia, nella quale fin da subito rivelerà la sua bravura, a meritargli il prestigioso incarico, che gli fu conferito dall'allora Segretario Nazionale pro tempore della CGIL, Antonio Pizzinato, di censire e catalogare i trulli e i beni culturali della Valle d’ ltria.

La segreteria nazionale del più grande sindacato italiano volle così riconoscere i meriti e la passione civile di un giovane ragazzo, che impegnò le sue energie in difesa dei lavoratori e delle lavoratrici espulsi dal mondo del lavoro e del bracciantato agricolo (erano gli anni del caporalato), offrendo assistenza sindacale a quanti ne avessero necessità; inoltre, fondamentale fu il suo contributo per il riconoscimento e la disciplina dei lavori atipici e per il disegno di legge sulla rappresentanza sindacale unitaria (Rsu). Tanto gli valse a occupare un ruolo di rilievo all'interno della Camera del Lavoro di Francavilla Fontana. (dalla testimonianza di Franco Solazzo).

A ventisei anni, nel 1987, sarà proprio l'uso della macchina fotografica a fargli scoprire che qualcosa non andava nei movimenti della mano sinistra; decide di sottoporsi ad un esame diagnostico che darà il suo infausto risultato: Giuseppe scopre di essere affetto da una rara, grave malformazione congenita.

Tiene la notizia per sé, per tre anni non rivelerà nulla ai familiari e agli amici, intento a capire come affrontare la battaglia che lo attende.

Decide di impiegarsi come infermiere professionale presso l'ospedale civile "Bellaria" di Bologna, che diverrà ben presto il centro di cura, in cui Giuseppe affronterà il suo lungo calvario: nove lunghi anni di malattia, ventitré interventi chirurgici, due anni di ricovero ospedaliero lontano da casa, la disabilità sopraggiunta ...

Un microcosmo di idee, sogni e aspirazioni in frantumi.

Ma Giuseppe Milone era nato per essere un "girasole impazzito di luce, innamorato della vita e delle relazioni, deciso a non lasciarsi mettere in scacco dalla sua grave malattia invalidante e curioso di tutto ciò che poteva avere a che fare con la parola "futuro". La sua capacità di creare "rete" era un bisogno innato di lasciare traccia di sé in questo mondo e noi sappiamo che vi è riuscito. La delicatezza del suo animo ne faceva una persona inclusiva per istinto, per cui non usava gli schemi morali per difendersi, ma prestava il suo volto, quasi sempre radioso, per accogliere ogni vita umana ... "(dalla testimonianza del sacerdote don Lorenzo Elia).

Dopo i lunghi ricoveri, faceva puntualmente ritorno nella sua Francavilla, indossava gli scarponcini dello scout, pronto a rimetter mano ai suoi progetti, a rincontrare persone, amici, collaboratori, con i quali riprendere il filo interrotto delle conversazioni; era un costruttore di ponti, un tessitore di relazioni, un visionario.

" ... Peppo è stato sempre fulmineo e multitasking. Mentre attuavamo una cosa, ne aveva già in mente un'altra, quasi a non voler mai perdere tempo. Mille attività per non sprecare fa vita che, forse, intuiva si sarebbe interrotta anzitempo ... " (dalla testimonianza di Grazia Solazzo).

"Era un fiume in piena di idee, stimolava negli altri la scintilla che porta a pensare fuori dagli schemi, sapeva farti sentire ‘Fautore del tuo destino', e faceva percepire come fattibile anche l'obiettivo più irraggiungibile. Abbiamo progettato insieme un camper nel quale inserire una serie di dispositivi che potessero aiutare un disabile grave ad essere autonomo. Un sensore di movimento per accendere le luci, dei tasti per aprire e chiudere le tapparelle, leve per accendere e spegnere i fornelli, sensori acustici e luminosi per alcuni eventi, un riconoscitore vocale per impartire comandi con la voce ... " (dalla testimonianza di Francesco Chirico).

Era questo Giuseppe, un esploratore, un pioniere, un sognatore. Oggi è ancora questo "la purezza di un'idea, di un messaggio rimasto intatto nel tempo" (dalla testimonianza di Giovanna Pentassuglia).

Erano i primi anni Novanta, quando, poco più che trentenne, lo si trova alla presidenza della locale sezione del I' Auser, associazione di volontariato e di promozione sociale nata nel 1989 dalla Cgil e dal Sindacato dei pensionati Spi-Cgil per favorire l'invecchiamento attivo degli anziani e valorizzare il loro ruolo nella società.

Tanti furono i giovani coinvolti nelle attività e nei servizi offerti dall'associazione, fra tutti il Filo d'argento, un servizio di telefonia sociale in favore dei più anziani, nato per contrastarne la solitudine e l'emarginazione sociale.

E proprio da presidente Auser fu tra i principali artefici della prima edizione de "La mostra dei prodotti tipici locali", promossa dal l'Assessorato alle Attività Produttive al tempo guidato da Carlo Altavilla: il suggello di un'amicizia antica, quella nata nel gruppo scout di Francavilla 2.

Furono gli anni della partecipazione attiva alla vita sociopolitica, senza mai ricercarne interessi personali, sempre guidato da uno spirito caritatevole di ricerca del bene collettivo, presente ovunque si discutesse di tematiche ambientali, sociali, politiche giovanili che avessero e ponessero al centro la dignità della persona.

Nell'autunno del 1994 avviene l'incontro decisivo con don Lorenzo Elia, un giovanissimo e colto prete cegliese che da poco aveva assunto l'incarico di viceparroco presso la parrocchia "Maria Ss. del Carmine", divenendo fin da subito carismatico punto di riferimento non solo per le associazioni cattoliche parrocchiali ma per tutti i giovani delle parrocchie cittadine.

" ... Giuseppe tornava da un lungo ricovero, che lo aveva visto lontano dai suoi, ed aveva uno gran voglia di ricominciare a mettersi in gioco.

In quel tempo ero anche direttore diocesano dell'ufficio di pastorale giovanile e, avendo avuto la convocazione per partecipare a Policoro ad un incontro programmatico di tre organi nazionali della CEI (pastorale giovanile, pastorale del lavoro e Caritas), con i rappresentanti delle diocesi di Basilicata, Calabria e Puglia, per riflettere sulla disoccupazione giovanile e sui problemi del mondo del lavoro specifici dell'Italia meridionale, decisi di portare con me Giuseppe. Era il 14 dicembre 1995.

Da lì ebbe inizio una relazione strettissima di amicizia e di collaborazione, che mi permise di conoscere un uomo particolare, innamorato della vita e delle relazioni.

La delicatezza dell'animo, ne faceva una persona inclusiva per istinto, per cui non usava gli schemi morali per difendersi, ma prestava il suo volto, quasi sempre radioso, per accogliere ogni vita umana.

Era diventato esperto di dolore e di prove fisiche, per questo voleva che i giovani potessero avere le possibilità di abbandonare l'atavica rassegnazione meridionale e misurarsi con le proprie risorse, da protagonisti, portando avanti le proprie legittime battaglie. Come faceva lui con il suo fisico. (dalla testimonianza del sacerdote Don Lorenzo Elia).

Ha inizio, allora, un forte impegno nel mondo della cooperazione e dell'impresa sociale, il progredire dell'infermità non limita il suo furore operativo, conosce e avvia contatti con le migliori esperienze imprenditoriali del Nord Italia, persuaso che anche nel meridione si potesse fare cooperazione sana.

Sarà l'artefice del progetto "Policoro" della CEI (Conferenza Episcopale Italiana).

I suoi sforzi e la sua instancabile laboriosità daranno i frutti sperati: si costituisce a Francavilla Fontana la prima cooperativa che vede la partecipazione diretta della locale sezione ANFFAS (Associazione nazionale famiglie di persone con disabilità intellettiva e/o relazionale).

Da qui prenderà vita la prima cooperativa sociale, dando avvio a un intenso percorso di relazioni e costruzione che, dopo due anni e prima che la malattia lo fermasse per sempre, porterà all'esito più significativo: il consorzio Nuvola.

Il Consorzio, gli insegnamenti, lo spirito intraprendente e coraggioso di Giuseppe sono il grande testamento che egli lascerà alla sua famiglia: sarà Irene, la sorella minore, a tenere viva la grande storia che suo fratello aveva costruito giorno dopo giorno, mattone su mattone, con sacrificio e studio.

" ... Giuseppe, durante tutta la sua esistenza, è andato alla ricerca di una verità che non tocchiamo, ma che scorgiamo appena, cercando orizzonti sempre più lontani. Nelle sue azioni egli ha tentato di rendere visibile una verità nascosta, affrontandola nella sua ambiguità, nella sua opacità, interrogandosi e indagando ogni istante sul significato dell'esistenza. Giuseppe era consapevole, più di ogni altra persona, che la sua esistenza, le sue azioni le sue opere, avessero un limite: la morte. Ma questo limite non è stato altro che la sua grande risorsa e la più ricca eredità che ha saputo lasciare a tutta la comunità e che con grande spirito di servizio, come amava lui dire, ho cercato di portare avanti per questi 20 anni attraverso il Consorzio Nuvola e con la collaborazione di tante persone, tantissime ... in primis Anna Rosa Tamburrano che da alunna del corso di computer organizzato da Giuseppe nell'associazione Quinto Petalo, diventa un delle più belle colonne portanti del Consorzio Nuvola. Giuseppe sono certa che ne sarebbe stato fiero di aver visto tante persone formarsi, lavorare, restare, partire, andare per altre strade, cambiare. Di lui ho imparato la tenacia e soprattutto l'audacia, invece ho ereditato la coerenza, l'onestà, l'amore per il prossimo, la capacità di donarsi. Sì perché la vita di Giuseppe è stato un dono per tutti. E per me è stato il più bel dono che ho avuto nella mia vita…..(dalla testimonianza di Irene Milone).

Quando non lo si incontrava o vedeva in giro, era a combattere in un letto d'ospedale, per spingere più in là il momento della fine.

Nonostante fosse pienamente consapevole di ciò che lo aspettava, fu spirito dalla fede incrollabile, lui laico e cristiano, disobbediente e docile, combattivo e assetato di pace.

Gli ultimi anni del 'secolo breve' furono quelli della cosiddetta primavera francavi/lese che porteranno, alle elezioni amministrative del 1995 e 1996, alla vittoria del centrosinistra locale.

Giuseppe Milone ne fu tra i protagonisti indiscussi, fu tra i redattori della rivista Voce Democratica e padre nobile di una generazione di giovani destinata a divenire protagonista negli anni a venire:

"Giuseppe ha la 'colpa' di tanti avvenimenti che si sono succeduti nella tranquilla Francavi/la, è il peccata originale che rifiuta la rassegnazione dei concittadini e che produce, ancora oggi, nel 2021, i suoi imprevedibili effetti. ... se lui non avesse avuto la forza di proporre a un nucleo di ragazzi, con convinzione, una idea di associazionismo non violento ma combattente, ci mancherebbe una grande fetta della cultura politica, di cui oggi è intrisa la città. A quei ragazzi insegnò tecnica e teoria, da un lato spingendoci a ragionare criticamente sulla realtà che ci circondava, dal'altro facendoci frequentare le tipografie e le edicole, per capire come mettere su carta e distribuire tra la gente il numero zero della nostra rivista 'Liberamente' .

. ,. Non appena la sua creatura divenne autosufficiente, si dedicò ad altri progetti più importanti nell'ambito delle cooperative sociali, lasciandoci liberi di imparare dai nostri errori, ... Alcuni di quei ragazzi di Liberamente oggi fanno parte attivamente della vita amministrativa e poi itica della nostra città. Quanto ci manca la lucida follia di Giuseppe e il suo grande cuore!" (dalla testimonianza di Domenico Truppi),

Già, quel cuore grande che seppe donare ogni battito per tutti e per ciascuno, in ogni avventura della sua breve esistenza e di cui oggi ci sentiamo orfani.

Giuseppe visse e operò oltre ogni possibilità, volendo attingere al motto che scelse per la sua silenziosa campagna elettorale nelle elezioni amministrative del 1996, quando decise di candidarsi nelle file del PDS. Sapeva bene che non sarebbe stato eletto, ma volle coraggiosamente testimoniare la sua presenza, come aveva fatto per tutta una vita, oltre ogni possibilità.

Il 5 novembre 1999 nasce li Consorzia Nuvola, l'ultimo guizzo del nostro girasole, e frutto dell' Associazione Quinto Petalo, da lui promossa qualche anno prima, durante la sua attività nel Progetto Policoro della Diocesi di Oria, ovvero il primo consorzio di cooperative sociali della provincia di Brindisi, Giuseppe ne sarà per pochi mesi il presidente, o, forse, ne resterà il presidente onorario ... per sempre!

La sua malattia se lo portò via all'alba del 24 giugno del 2000. L'indomani si celebrarono i funerali.

In veglia presso la Chiesa del Carmine per l'ultimo saluto c'erano i ragazzi scout di Francavilla 2 e poi la folla commossa di tutti coloro i quali lo avevano conosciuto e gli avevano voluto un bene immenso per quel sorriso buono, luminoso, che non s'oscurava mai, neppure nella tempesta più nera,

A tre anni dalla sua scomparsa, fu attribuito alla sua memoria uno dei quattro premi "Impresa sociale 2003", nell'ambito della settima convention del Consorzio Nazionale della cooperazione di solidarietà sociale 'G. Mattarelli', tenutasi a Monopoli il 5-7 giugno 2003,

Unico premio andato a un pugliese, perché Giuseppe Milone, come in tutte le azioni della sua esistenza, ebbe sempre un'idea limpida, pulita del fare impresa, come il cielo stellato delle notti scout sul Pollino, come quel suo sguardo con cui ancora oggi ci osserva ... impazzito di luce,

In queste righe, forse si troverà la risposta alla domanda iniziale: “Che cosa ha fatto Giuseppe Milone di straordinario e perché una strada a suo nome?". Giuseppe è stato un giovane francavi/lese che ha vissuto la sua vita, per quanto breve, con pienezza e intensità, dedicandosi a tutto ciò che avrebbe potuto migliorare la sua comunità. Ha coltivato Bellezza, Impegno, Dignità del Lavorai Passione politica: con la sincerità spigolosa e disarmante che lo caratterizzava, la capacità di semplificare la complessità e di fare di piccole cose progetti grandi, ha lasciato una traccia di sé in tanti che hanno voluto testimoniare, condividendo i loro ricordi, come con Giuseppe abbiano esplorato (dopotutto, nella sua vita è stato prima di tutto e per sempre uno scout) la loro città, se stessi, la giovinezza, il mondo che stava cambiando e che chiedeva e chiede ancora risposte di impegno.

Per noi firmatari di questa petizione, un modello di cittadinanza attiva e passione civile.


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